Le mura timoleontee

Le fortificazioni greche di Caposoprano, scoperte tra il 1948 e 1954, possono essere considerate uno degli esempi più straordinari e meglio conservati dell' architettura militare antica. Il muro di cinta si sviluppa per circa 300 metri marginando l'estremità occidentale della collina di Gela e racchiudendo la città greca nel periodo compreso tra il IV e il III sec. a.C. , forse a partire dal momento della sua ricolonizzazione ad opera di Timoleonte fino al momento della sua distruzione ad opera del tiranno agrigentino Phintias.

A questo periodo è da riferire anche un tratto del muro a speroni, che si sviluppa a Sud e che originariamente doveva giungere fino allo strapiombo della collina, verso il mare, per impedire l'accesso alla città da questo lato. Un ulteriore insabbiamento, avvenuto poco prima della distruzione della città ad opera di Phintias, determinò un occultamento della struttura e la conseguente aggiunta di altri filari di mattoni crudi, di dimensioni più piccole e di colore più scuro; di quest' ultima fase è visibile un tratto sostenuto da moderni pilastrini di cemento.
Lungo le mura di cinta sono ricavate, a livello di fondazione, le canalette per lo scolo delle acque mentre nel tratto meridionale si apre, dietro uno spigolo della cortina, una postierla a falso arco acuto, che fu occlusa con i mattoni crudi in età agatoclea; quando fu costruita anche una torretta quadrangolare in prossimità della postierla suddetta, pur essa in mattoni crudi, della quale resta il basamento addossato alla cortina. L'estremo tratto occidentale del muro, che si sviluppa in senso NE-SW e nel quale si apriva in origine, tra il 311 e il 310 a.C., una porta ostruita con materiale lapideo, era difeso da due torri quadrate in mattoni crudi, che sostituirono strutture identiche di età più antica, costruite in blocchi calcarei, ma andate distrutte.
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